Il progetto include attività pubbliche come talk, workshop, tavole rotonde, esposizioni e presentazioni promosse in collaborazione con realtà culturali che lavorano su questi temi nella nostra regione.
Due settimane a BASIS – Cosa abbiamo fatto
Durante le due settimane di residenza a BASIS abbiamo alternato visite a spazi abbandonati, dialogo con le persone locali sul tema dell’abbandono e sul caso specifico dei bunker, letture di pubblicazioni locali o con tematiche simili, visita di spazi culturali che incontrano queste tematiche.
Abbiamo iniziato la residenza con la lettura di Turris Babel #108 – Bunkerlandschaft Südtirol / Paesaggi fortificati, un numero a cura di Heimo Prünster con cui abbiamo dialogato in varie fasi di questo progetto. Ci interessava avvicinarci al tema dei bunker come caso studio di luoghi che sfumano le categorie distinte di utilizzo e abbandono, intrecciandole: progettati come una rete di costruzioni-paesaggio, molti bunker non sono mai stati utilizzati per lo scopo iniziale bellico e hanno vissuto in un limbo tra l’abbandono e l’utilizzo informale. Pensiamo oggi ai bunker come luoghi di osservazione dei processi vivaci messi in atto da un ambiente abbandonato: da luoghi destinati al controllo militare del territorio si sono trasformati in luoghi di fusione con il paesaggio, luoghi di libertà dove crescono piante, si rifugiano animali, si integrano le attività rurali della valle, si sviluppano incontri comunitari per feste informali o momenti conviviali.
Abbandono e utilizzo
Per avere un contatto esperienziale di questi temi ci siamo avvicinate ad alcuni gruppi di bunker nelle zone di Malles e Passo Resia, guidate dalla mappa online valloalpino.info realizzata dal Forte di Fortezza. A contatto con lo spazio dei bunker ci siamo chieste: cosa definisce e suddivide l’idea di uno spazio utilizzato da quella di uno spazio abbandonato? Forse questa distinzione viene da logiche di potere o di controllo? Se una costruzione non viene utilizzata per come era stata progettata, e quella funzione non prende corpo nello spazio, quale valore e nome dare a quella serie di usi e di funzioni informali che si sviluppano spontaneamente? A volte la parola abbandono può essere utilizzata per funzioni non conformi ad aspettative iniziali, utilizzi informali o utilizzi da parte di utenti non umani (piante, animali, materie, forze naturali). I bunker hanno avuto la possibilità di abbandonarsi, cioè di liberarsi da un progetto predeterminato per offrire una piattaforma di incontri e coesistenze.
Mimetismo e coesistenze
Osservando la relazione dei bunker come parte del paesaggio, ci siamo soffermati sulle tecniche di mimetismo utilizzate e sui loro effetti nel presente: molti bunker sono effettivamente difficili da trovare, anche con la guida della mappa online, perché integrati nella morfologia del terreno, nascosti da vegetazione o progettati in modo da confondere lo spazio naturale con la progettazione artificiale. Da una pubblicazione che abbiamo recentemente scritto:
“Ci troviamo di fronte a un catalogo di situazioni architettoniche di contatto, sostegno e relazione tra il paesaggio circostante il forte e quello neo-naturale, stimolato dall’intervento artificiale e dai processi successivi al suo abbandono. Il forte non è più immobile o autonomo, ma è un sistema dinamico che agisce come un terrario.” – Marco Ferrari e Sara Favargiotti in Terrarium. Earth Design: Ecology, Architecture and Landscape, Mimesis, 2024
Quindi le tecniche di mimetismo, utilizzate a scopi militari, hanno oggi creato uno spazio ibrido di relazioni, dove le piante si aggrappano alle finte pareti di roccia create artificialmente, alle tasche realizzate nelle facciate per contenere terreno e vegetazione, i bunker si trasformano da spazi difensivi a contenitori di vite e incubatori di piante
Ri-utilizzare o Ri-immaginare
Dialogando con le persone abitanti della valle e cercando attivamente uno scambio su questi temi ci siamo fatte un’idea dei diversi immaginari associati ai bunker, che ci piacerebbe approfondire in una fase successiva del progetto. Le persone abitanti ci hanno consigliato altri luoghi da vedere nella valle, che abbiamo visitato i giorni successivi, tra cui l’ex Hotel Paradiso in Val Martello (chiuso da anni) e Bunker23 (che ora è uno spazio espositivo). A partire da queste visite ci siamo fatte delle domande sull’idea di ri-funzionalizzazione o riqualificazione degli spazi abbandonati, e del rischio di soffocare i vari gradi di vivacità generati dall’informale con l’imposizione di progetti formali.
E’ stato molto stimolante su questo tema il contatto quotidiano con l’ex caserma di BASIS, dove abbiamo apprezzato la commistione tra cura e informale nella gestione e forma fisica degli spazi: ad esempio la scelta di non intonacare i muri ma di lasciare la texture di intonaci scrostati prodotta dal tempo, per integrare nuovi usi e forme generate dall’abbandono, e abbiamo apprezzato le diverse atmosfere e gradi di utilizzo di ognuna delle palazzine. A Bunker23 ci ha particolarmente colpiti la presenza di un orto di verdure e di coltivazioni di fiori sul lato del bunker, che addolciscono l’elemento militare assecondando l’immagine di un luogo integrato nella vita rurale.
Queste visite ci hanno stimolato perché la proposta del progetto Accademia dell’Abbandono mira proprio alla rigenerazione dell’immaginario nell’approcciare i luoghi abbandonati, non necessariamente mirata a rifunzionalizzare o riqualificare. Ci interessa come i bunker della valle possono trasformarsi da eredità difficile a piattaforme per nuovi immaginari basati sull’incontro e la relazione tra vari esseri. Da luoghi militari, stanno vivendo una risignificazione, assimilati dal paesaggio: le piante spontanee ne sfumano i limiti, qualcuno ci ha piantato intorno le insalate, altri bunker hanno i meli sulla copertura o nascondono tane.
Presentazione finale al BASIS lokal
Durante le due settimane di residenza abbiamo utilizzato lo spazio del BASIS Lokal in centro a Silandro, con l’obiettivo di entrare in contatto con le persone abitanti e di favorire dialoghi informali, visite al nostro studio o semplici avvicinamenti per osservare il nostro lavoro dalla vetrina! Giovedì 24 ottobre, durante tutta la mattina, abbiamo aperto le porte del BASIS Lokal per una studio visit. Era la mattina del mercato, quindi la frequentazione di questa zona del paese era molto alta: alcune persone sono entrate nel corso della mattina e ci siamo scambiate impressioni sul progetto, presentandolo, dialogando e mostrando alcuni materiali che avevamo preparato. Abbiamo allestito lo spazio con elementi della ricerca per aiutarci a dialogare con il pubblico: alcuni modellini di spazi abbandonati, una serie di libri che abbiamo consultato insieme (di cui alcuni in lingua tedesca), i nostri taccuini con i disegni realizzati durante le due settimane e alcune fotografie della serie Remnants realizzata da Marc Wilson per il progetto curato dal nostro team.
Gli spunti raccolti durante queste due settimane di lavoro arricchiranno il programma culturale dell’Accademia dell’Abbandono di contenuti per gli eventi successivi, ringraziamo le persone che abbiamo incontrato in questi giorni e la disponibilità a conoscersi e scambiarsi idee! Ci piacerebbe molto tornare a BASIS e continuare questo scambio in futuro.
Team di progetto + supporto del progetto
AIDEL è uno studio di architettura formato da Cristina Gallizioli e Marco Ferrari. Architettura viva, transitorietà dello spazio e forme leggere dell’abitare sono tra i temi della nostra ricerca. Le nostre idee includono: abitare il paesaggio pubblico, il corpo come territorio, l’abbandono come strategia progettuale, architettura morbida e poetica degli spazi tessili, tecniche leggere di creazione dello spazio, esperienza dal vivo dell’architettura, residenzialità come strumento di ricerca.
Accademia dell’Abbandono è un progetto a cura di AIDEL – Cristina Gallizioli e Marco Ferrari
promossa in collaborazione con Associazione Acropoli.
Sveva Ventre, architetta che lavora in università e parte del team di Acropoli, ha partecipato ad alcuni giorni di lavoro sul campo a BASIS insieme a noi.
Questa tappa del progetto è stata finanziata dalla Regione Trentino – Alto Adige e fa parte di una serie di attività realizzate con il contributo della di Provincia Autonoma di Trento e Fondazione Caritro.